La Val d'Astico, una delle più belle e verdi vallate vicentine, rischia di essere deturpata dalla realizzazione del tratto autostradale A31 Valdastico Nord. Quest'opera si caratterizza per un costo di realizzazione stimato in oltre DUE MILIARDI DI EURO (49 milioni di €/km) e flussi di traffico modesti, ma provocherebbe danni ambientali gravissimi e difficili da contenere. Viene proposta e sostenuta solo dalla società che gestisce la A4 Brescia-Padova, per interessi di rinnovo concessione. Interessi solo LORO!
In un ottica di progresso sostenibile e di alternative al trasporto su gomma, è doveroso dire NO ALLA VALDASTICO NORD!

mercoledì 13 novembre 2013

Ospedale Santorso, project financing: un debito a doppia firma destra-sinistra

Leggete cosa succede quando i politici utilizzano le risorse pubbliche per aiutare qualche impresa amica che non sa stare sul mercato.
E' un esempio di pessima gestione delle risorse pubbliche.
E, per risorse pubbliche intendiamo tanto le risorse finanziarie, quanto le risorse territoriali e occupazionali.

Possiamo ancora permettercelo?
A quando l'iva al 23%?



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 Ospedale Santorso, project financing: un debito a doppia firma destra-sinistra 

  Cosa pensereste di un imprenditore che, dovendo costruire un nuovo capannone dove accorpare tutta l’attività, decide di affidarsi alla collaborazione di un altro privato con le seguenti condizioni:
1) su un’ipotesi di spesa iniziale di (poniamo) 100 milioni se ne fa prestare dall’altro 50;
2) gli fa costruire l’immobile e gli dà in gestione gli spazi collaterali più i parcheggi per 24 anni, per affittarli a negozi e ricavare un “ticket” dalle auto posteggiate;
3) fissa una rivalutazione annua del prestito che dipende da un indice statale mediamente pari al 2%, dopodiché nei successivi 24 anni compensa con circa tre volte tanto i 50 milioni iniziali del “socio” e la gestione di parcheggi e spazi adatti ad ospitare negozi
4) con lo stesso sistema di rivalutazione dà al socio un canone annuale che il primo anno vale 17,6 milioni, e nel 24esimo con ogni probabilità toccherà quota 28 milioni, per affidargli le pulizie, la ristorazione di clienti e personale, le manutenzioni, il centralino, il magazzino e le bollette. Altri canoni, con lo stesso sistema, vengono pagati perché il socio noleggi attrezzature per la fabbrica;
5) l’imprenditore iniziale tiene però per sé i costi del personale, l’attività principale e le due fabbriche “vecchie”, quasi svuotate, con i relativi costi di gestione.
Alcuni di questi passaggi non sembrano esattamente rispondere ai criteri di “prudenza” del “buon padre di famiglia”. Ma tant’è: questo, secondo un articolato esposto che verrà presentato prossimamente alla Corte dei Conti dall’associazione scledense “Communitas” (qui il link al documento), è quanto avrebbe fatto l’azienda sanitaria Ulss 4 dell’Alto Vicentino negli ultimi dieci anni. Il riferimento va ovviamente alla costruzione del nuovo polo unico di Santorso a partire dalla metà degli anni 2000, che doveva sostituire completamente gli ospedali di Schio e Thiene. «Il nostro obiettivo non è colpire l’Ulss, né l’ospedale, ma il project financing e il modo in cui è stato costruito – sostiene Pietro Veronese, guida del gruppo che, contro l’operazione, nel 2006 aveva raccolto 13mila firme – Non è un project financing, perché non c’è alcun rischio per il privato, e anzi c’è il rischio molto concreto di dissesto delle casse pubbliche». Quelli di “Communitas” nell’esposto ricostruiscono il meccanismo del project, avvalendosi dell’evoluzione dei pagamenti dei canoni ai privati come presentati pubblicamente dall’Ulss in tre occasioni: 2007, 2009 e 2012. «Di più non si può fare, perché il piano economico-finanziario e il contratto per intero non sono mai stati divulgati dall’azienda», ricorda Veronese. Difatti il contratto è tutt’oggi secretato, nonostante si tratti di un ospedale pubblico fatto e gestito in buona parte con soldi dei cittadini. In sintesi, secondo quanto presentato nel 2007 dall’allora dg dell’Ulss Sandro Caffi, per realizzare il nuovo ospedale per acuti di Santorso e dotarlo di attrezzature si prevedeva una spesa totale di 157 milioni di euro, partecipati al 50,2 per cento dalla cordata “Summano Sanità”. Ne fanno parte Gemmo Spa, Palladio Finanziaria spa, Impresa di costruzioni Ing E. Mantovani spa, Cooperativa Muratori e Braccianti di Carpi, Consorzio Cooperative Costruzioni, Studio Altieri Spa, Servizi Italia Spa, Coop Service Sca, Serenissima Ristorazione Spa. L’investimento privato sarebbe stato remunerato con un canone complessivo che tiene conto sia dell’investimento iniziale del privato che di voci per la fornitura di attrezzature e servizi collaterali (non direttamente sanitari), per un totale previsto il primo anno di 31 milioni 680mila euro. 

tabella canoni 2007

Il “diavolo”, però, sta nei dettagli. A prescindere dalla cifra in sé, il campanello d’allarme secondo l’associazione Communitas è il sistema di rivalutazione dei canoni previsto dal contratto, basato sull’indice NIC. Che roba è? E’ un indice nazionale che tiene conto delle variazioni dei prezzi al consumo, stabilito dall’Istat secondo un paniere di beni molto ampio. Il project financing prevede che i canoni non siano fissi ma crescano annualmente a seconda di quanto sale il NIC. «Dal 2002 al 2012 mediamente è cresciuto del 2,2 per cento» osserva Veronese, e lo si può facilmente verificare. Difatti sono cresciuti anche i canoni iniziali pagati dall’Ulss 4 a “Summano Sanità”: dai 31,6 milioni di euro del 2007 si è passati a 33,9 milioni nel 2009, a 37,6 nel 2012. Una rivalutazione di oltre il 18 per cento in sei anni. «Di questo passo, stimando un NIC al 2 per cento e anche tenendo conto che uno dei canoni dopo 8 anni va ad esaurirsi, la rata del 2035 per l’Ulss sarà di 59,3 milioni di euro» dichiara Veronese. I 78 milioni di euro messi all’inizio dal privato per Communitas verranno ripagati, avanti di questo passo, con la cifra record di circa 334 milioni in 24 anni. Dal conto è escluso il canone dei servizi accessori, che l’Ulss dovrebbe pagare comunque. Ma 334 milioni corrispondono ad una rata annuale pari a 13,6 milioni di euro: «Se l’Ulss avesse preso a prestito i 78 milioni iniziali da una qualsiasi banca a un tasso fisso del 6 per cento la rata sarebbe stata di 6,2 milioni di euro. Quante cose avrebbe potuto fare con gli otto milioni avanzati? E vale la pena ricordare che il tasso di usura ha una soglia di circa il 10 per cento, a tasso fisso» avverte Veronese. Vale la pena anche ricordare che, di anno in anno, i trasferimenti dallo Stato alle Regioni per la sanità calano invece di crescere, e che il ricavato dalle imposte della Regione Veneto di certo non si sta impennando: è evidente il contrasto con dei canoni sanitari che in 24 anni passano da 31 a 59 milioni di euro. Le responsabilità «sono anche dei sindaci, che nel 2006 e 2007 quando lanciammo l’allarme potevano e dovevano vigilare di più» osserva Veronese. All’epoca ad opporsi il progetto fu solo il comune di Schio, per timore che l’ospedale scledense fosse messo da parte. Il contratto venne firmato a dicembre 2007, ma già il 24 novembre 2006 ad esempio il sindaco di Santorso Pietro Menegozzo, da pochi giorni segretario provinciale del Pd, sosteneva sul più diffuso quotidiano locale che quella contro l’operazione del polo unico Ulss (sul suo territorio comunale) era «una battaglia di retroguardia». Per quanto riguarda i livelli superiori, per Veronese «la responsabilità politica attiene all’allora presidente della Regione Giancarlo Galan, l’ex assessore veneto alla Sanità Flavio Tosi, l’ex direttore generale Sandro Caffi e probabilmente l’europarlamentare Lia Sartori. Quest’ultima non è protagonista, viene associata per via del legame con Studio Altieri». Intanto, a fine settembre l’attuale governatore Luca Zaia ha annunciato la volontà di rinegoziare i project troppo onerosi, ospedale di Santorso compreso. «E’ l’unica strada, lo pensiamo anche noi – chiude l’esponente di Communitas – fa sorridere che lo dicano dal centrodestra, che il progetto l’aveva approvato, mentre il centrosinistra è sempre stato zitto. Comunque, speriamo che l’esposto dia una mano a chi vuol rinegoziare».

 

 http://www.nuovavicenza.it/2013/11/ospedale-santorso-project-financing-un-debito-a-doppia-firma-destra-sinistra/

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