Autostrade. Nazionali, regionali, in ogni caso a pagamento. Sono queste le infrastrutture destinare ad accompagnare il futuro prossimo venturo della Lombardia e dell’Italia?

Così vogliono in molti.

I concessionari, perchè chi ha un’autostrada ha una gallina dalle uova d’oro.

Le Regioni, perchè dalle autostrade regionali cola una percentuale di quelle uova d’oro, utile per lubrificare la macchina politica regionale.

I comuni, perchè facendo un po’ di ammuina riescono ad elemosinare un po’ di compensazioni aggratis.

I petrolieri, perchè sulle autostrade non si viaggia mica in barca a vela.

L’industria dell’auto o quello che ne resta, per la stessa ragione.

L’industria delle grandi costruzioni, perchè sono pur sempre mega appalti.

La ‘ndrangheta e le altre famiglie mafiose, perchè un pezzo di quella filiera è saldamente in mano loro.

I cavatori, perchè serve un gran mucchio di materiali…

Ma a noi, popolo, nuove autostrade servono?

Bè, intanto leggiamo questi dati, per farci un’idea di quanto ci costano:
http://www.altreconomia.it/mailimg/autostrade.html
(l’articolo completo sul numero di marzo de l’Altreconomia)

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Autostrade regionali: Stralciato, per ora, l’articolo 36 dalla Legge “Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione” No a colate di cemento con la scusa di nuove, inutili, autostrade

“Legambiente esprime grande soddisfazione per lo scampato pericolo. Il Consiglio regionale ha evitato di fare un indebito regalo a banche e grandi operatori speculativi del settore immobiliare, per intrigarli nel business delle autostrade regionali”.

E’ questo il commento dell’associazione ambientalista alla notizia che il voto che si sta svolgendo in merito alla legge Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione ha stralciato dal provvedimento l’articolo 36 dalla norma in discussione. “Se questo articolo fosse passato – dichiara Damiano Di Simine, presidente Legambiente Lombardia – si sarebbe fornita una assurda legittimazione istituzionale ad investimenti di natura speculativa, a beneficio dei soliti noti e ai danni di enormi estensioni di suoli agricoli”.

L’articolo di legge, fortemente contestato dall’associazione ambientalista, offriva ai concessionari di future autostrade regionali, come la Broni-Mortara o la Cremona-Mantova, la possibilità di arricchirsi, oltre che con l’esazione della tariffa autostradale, anche divenendo beneficiari di diritti esclusivi per realizzare investimenti immobiliari nei terreni circostanti le infrastrutture autostradali.

Come ulteriore benefit, l’articolo prevedeva la drastica riduzione delle compensazioni ambientali dovute per mitigare gli effetti delle opere.

“Per ora possiamo esultare per lo scampato pericolo, grazie alla battaglia dei Consiglieri in aula, siamo certi che il provvedimento verrà riproposto a breve da Cattaneo in altre forme, ma almeno ora possiamo concentrarci sui punti qualificanti di una legge che deve servire a rilanciare lo sviluppo nella nostra Regione. Vogliamo che il futuro dei lombardi poggi su pilastri di economia vera e sostenibile, e non su speculazioni immobiliari e consumo di suolo”.

Di seguito, la lettera che Legambiente ha inviato a tutti i consiglieri regionali alla vigilia della discussione in aula:

Vi sono molti e fondati motivi per cui tale articolo risulta non pertinente all’oggetto della norma ed inaccettabile sotto il profilo etico e dei fondamentali economici che giustificano la realizzazione di infrastrutture autostradali.

E’ evidente che tale articolo tenta di sanare una situazione che si trascina da decenni e che vede la nostra regione priva di una pianificazione strategica della mobilità, talché le singole opere vengono pianificate e progettate in assenza di una visione complessiva della domanda, di una sua appropriata quantificazione nonché di una qualificazione dei bisogni che dovrebbero motivarne la realizzazione e supportarne i costi: la precarietà e l’indefinizione contrattuale di tutti i project financing in essere trae origine proprio da tale vistosa carenza, che motiva la prudenza dei player chiamati a sostenere investimenti teoricamente molto redditizi, quali sono le concessioni autostradali.

Tuttavia la soluzione proposta è peggiore del male, nel momento in cui estende alle concessioni di autostrade regionali una facoltà, già, ahinoi, prevista (peraltro senza particolare successo, viste le difficoltà del settore immobiliare) per le opere di interesse nazionale concorrente, consistente nel rendere funzionali alla concessione interventi insediativi, per come previsti dall’art. 10 l.r. 15/2008, in aree anche esterne al perimetro di concessione.

Tradotto, significa che, se un’autostrada NON si giustifica in termini di domanda d’uso, allora è facoltà del concessionario prevedere una copertura di costi attraverso qualsivoglia intervento insediativo-immobiliare (la definizione dell’articolo è sufficientemente generica allo scopo) che garantisca un profitto. In questo modo si fornisce una piena copertura istituzionale a investimenti di natura speculativa impostati sulla generazione di una rendita autoreferenziale all’opera: le autostrade non sono più un servizio ad un territorio che esprime un bisogno di mobilità, ma divengono assi dorsali di giganteschi progetti immobiliari, con clausola di esclusività a vantaggio del concessionario, che diviene di fatto il principale attore della pianificazione urbanistica lungo l’intera dorsale interessata dall’opera, sostituendo potestà e competenze degli enti territoriali.

Gli effetti devastanti di una tale facoltà sono facilmente prevedibili per i territori dell’agricoltura lombarda, in termini di progressione del consumo di suolo ben oltre lo stretto necessario a ospitare il sedime dell’opera, e di espansione virtualmente illimitata di fenomeni di sprawl insediativo, secondo un modello dissipativo di territorio e risorse che la nostra Regione da tempo non può più permettersi.

A rendere ancora più inaccettabile la norma vi è poi la previsione circa la riduzione degli oneri compensativi ambientali, che devono risultare compresi tra un massimo del 5 e un minimo dell’1% dei costi complessivi. Premesso che nel resto d’Europa le compensazioni ambientali sono normalmente parte integrante delle opere, con onere nell’ordine del 7% mentre in Lombardia tale onere è ordinariamente molto più basso e, normalmente, irrealizzato (poichè le compensazioni ambientali vengono in genere barattate con altri interventi, per nulla ambientali, nella contrattazione con gli enti locali), è vergognoso che in una legge che parla di sviluppo le opere ambientali vengano concepite come un ostacolo, come se il lavoro delle imprese che realizzano compensazioni ambientali valesse meno di quelle che fanno movimento terra o smaltimento (ci si augura lecito) di inerti.

Ma illogico e perfino grottesco è il sorprendente principio in virtù del quale la compensazione debba venir computata “in misura inversamente proporzionale all’intero costo dell’opera”. Se è del tutto evidente che la prassi dovrebbe essere esattamente opposta, in quanto un’opera ha impatti maggiori quanto più è grande, questo principio è di fatto un incentivo a fare opere più grandi e costose, a prescindere da qualsiasi considerazione di necessità e appropriatezza al bisogno.

Si tratta di un principio che va nella direzione di un’economia speculativa e “superdebitoria”, che non ci sembra corrisponda alle esigenze del momento, e che è stata smentita dalla prassi recente: valga in ciò l’esempio, ormai riportato anche nei manuali accademici, del fallimento annunciato di Brebemi. Opera con costi attualmente stimati (considerando assieme BreBeMi e TEM, di fatto un unico progetto) in quasi 4 miliardi di euro al netto di tutt’ora imprecisati oneri finanziari e che, alla sua origine, era stata concepita per risolvere il nodo di traffico della tratta Milano-Bergamo della A4. Ebbene, quel nodo di traffico si è risolto con la realizzazione della 4a corsia tra Milano e Bergamo, un’opera sicuramente meno costosa della TEM-Brebemi, ma molto più funzionale a risolvere il problema. E Brebemi è rimasta un’opera orfana di senso, e priva di una aspettativa di rientro economico a causa del venir meno (peraltro annunciato da molti analisti) degli importanti flussi di traffico che avrebbero dovuto derivare dallo shift di tracciato.

Per tutto quanto detto, a nome e per conto di Legambiente Lombardia ma interpretando una sensibilità e un’indignazione sempre più diffusa e incalzante, vi invito fortemente a voler STRALCIARE l’intero art. 36 della norma in oggetto, approvando una legge che si concentri sugli aspetti qualificanti che pure sono rintracciabili in alcuni articoli del testo, e che indicano come prospettiva di sviluppo quella di un’economia impostata su chiari indirizzi di efficienza nell’utilizzo delle risorse finanziarie, energetiche, ambientali e territoriali della Lombardia.

Legambiente Lombardia