Qualche
giorno fa avevamo espresso dei forti dubbi se l'aumento dei pedaggi
autostradali fosse funzionale agli investimenti effettivi o se fossero
improntati a foraggiare una lobby (quella delle autostrade) che vive a
spese degli utenti e del sistema economico
(
Le concessioni sono un fardello che rende poco allo stato e molto ai gestori, avevamo detto.
Ora
il prof Ragazzi, docente universitario riconosciuto esperto della
materia, esplicita i dubbi e mostra come i pedaggi autostradali siano
impostati in modo da assicurare una remunerazione del capitale investito
dell'11%, una tasso di profitto altissimo in confronto agli altri
settori e in cambio di un rischio nullo.
E' esplicito il prof
Ragazzi, dopo aver lamentato l'opacità della gestione rincari ("Tutto è
segretato, convenzioni e piani finanziari") afferma
ESTRATTO DAL FATTO QUOTIDIANO DEL 15
GENNAIO 2014
L'INVIOLABILE
SEGRETO DEI PREZZI AL CASELLO
di Giorgio Ragazzi*
Secondo il ministro Lupi i forti
incrementi dei pedaggi autostradali (+3,9% in media, dal primo
gennaio) sarebbero giustificati dai nuovi investimenti dalle
concessionarie. Ma se per finanziare nuovi investimenti occorre
aumentare i pedaggi, anno dopo anno, significa o che si fanno
pessimi investimenti o che il ministero sbaglia i conti. Nel 2007
il Cipe stabilì un criterio per la remunerazione dei nuovi
investimenti: l'incremento di tariffa deve essere determinato in modo
che, sull'arco del periodo regolatorio, "il valore attualizzato
dei ricavi previsti sia pari al valore attualizzato dei costi
ammessi... scontando gli importi al tasso di congrua remunerazione".
Ma non ci viene detto quali siano i nuovi investimenti, come ne venga
quantificato l'importo (concordato tra Ispettorato di vigilanza ex
divisione dell'Anas e concessionaria). Tutto è segretato,
convenzioni e piani finanziari.
UNA VOLTA definiti gli importi dei
nuovi investimenti, l'incremento del pedaggio dipende da tre
elementi: 1) la redditività attesa dall'investimento; 2) il tasso di
rendimento riconosciuto al concessionario e 3) il periodo sul quale
si calcola l'ammortamento. Se nel piano finanziario si assume, come
si dovrebbe, un periodo di ammortamento lungo quanto la presumibile
vita utile dell'investimento, allora l'incremento di pedaggio dipende
solo dai primi due elementi: la redditività attesa nell'arco della
vita utile dell'investimento e il rendimento riconosciuto al
concessionario. Un aumento di pedaggio è necessario solo se la
redditività attesa dell'investimento è inferiore al tasso di
rendimento che si intende assicurare al concessionario. Ma, in
tal caso, perché l'Anas (o l'ispettorato o il ministero) dovrebbe
autorizzare e remunerare l'investimento? Qual è il tasso considerato
dall'Ispettorato per la "congrua remunerazione" del
capitale investito? A quanto è dato di sapere si applicherebbe
ancora un tasso di rendimento sul capitale proprio del 7,5 per cento
netto, cioè circa 1'11 ante imposte: se così fosse si
tratterebbe di rendimenti davvero esorbitanti considerata l'assenza
di rischi per le concessionarie. Non c'è da meravigliarsi se, a
questo tasso, ben pochi o nessun nuovo investimento potrebbe
ripagarsi da solo. Perché il ministero non dichiara qual è il costo
medio del capitale riconosciuto alle concessionarie?
GLI INVESTIMENTI su tratte esistenti
possono essere finalizzati ad aumentare l'efficienza (nuovi caselli)
o la sicurezza (barriere, fondo stradale) o a consentire incrementi
di traffico (nuove corsie). Consideriamo l'investimento più
rilevante: la costruzione di nuove corsie. Le concessionarie (e
Autostrade per l'Italia in particolare) sostengono che questi
investimenti migliorano la qualità del servizio ma non generano
apprezzabili incrementi di proventi da maggior traffico e devono
pertanto essere remunerati con incrementi di tariffa. Ma su una rete
congestionata come quella italiana, l'aggiunta di corsie è
essenziale per sostenere incrementi di traffico i cui proventi vanno
interamente a vantaggio della concessionaria.
Se il costo di una nuova corsia non
è in grado di ripagarsi con maggior traffico nei quasi 30 anni di
vita residua di una concessione come quella dell'Autostrade per
l'Italia, perché realizzarla?
E se è in grado di ripagarsi,
perché concedere anche incrementi di tariffa?
In Francia e
in Spagna non sono previsti incrementi di tariffa per finanziare
investimenti in nuove corsie o in migliori sistemi di esazione: la
scelta di convenienza viene lasciata alla concessionaria. In Italia
invece gli investimenti sono proposti dalle concessionarie ma
"assentiti" dall'Anas che ne garantisce quindi la
redditività ex ante con incrementi di tariffa. Le concessionarie
hanno quindi tutto l'interesse a sottovalutare la redditività attesa
dei loro investimenti per farseli remunerare con incrementi di
pedaggi. Se poi la redditività risulterà maggiore di quella
concordata con l'Ispettorato tutto il beneficio resterà alla
concessionaria. Consideriamo ora gli investimenti nella costruzione
di nuove tratte. Se effettuati da nuove società ad hoc (esempio la
Brebemi) queste iniziano a introitare pedaggi solo dopo aver
finanziato e terminato l'infrastruttura e si assumono quindi il
rischio che il traffico possa essere insufficiente a ripagare
l'investimento. Se invece le nuove tratte sono costruite da società
che già gestiscono una rete (esempio: la Cisa) a queste viene
concesso di aumentare subito il pedaggio sulla vecchia rete per
finanziare la nuova tratta. Un'opportunità magnifica per la
concessionaria che riesce così a ottenere la proroga della
concessione senza gara, la possibilità di ridurre il fabbisogno per
finanziare la costruzione della nuova tratta e ottiene di operare nel
quadro di un piano finanziario che le assicura un'elevata redditività
mettendola al riparo dal rischio che il traffico sulla nuova tratta
possa rilevarsi insufficiente a ripagare l'investimento.
LA REDDITIVITÀ non viene poi calcolata
sulla base dei dati di bilancio delle concessionarie bensì sulla
base di "piani finanziari" dove investimenti, ammortamenti
e capitale investito vengono concordati tra l'Ispettorato di
vigilanza e le concessionarie. Solo specialisti in possesso di tutte
le informazioni potrebbero esprimere giudizi sui calcoli
dell'Ispettorato. Quando questi erano soggetti allo scrutinio del
Nars (nucleo di esperti presso il ministero dell'Economia) erano
spesso emerse divergenze su metodi e valutazioni con conseguenze
rilevanti sui livelli tariffari. Oggi non c'è più alcun organo
esterno che "vigili" sull'Ispettorato: non resta che aver
fede nell'integrità di questi funzionari nell'affrontare lobby
potentissime come quella dei concessionari.
*già professore a Bergamo e alla
Luiss, autore di "I signori delle autostrade" (II Mulino)
ESTRATTO DAL CORRIERE DEL VENETO DEL 16 gennaio 2014
COLPE PUBBLICHE IN AUTOSTRADA
di MASSIMO MALVESTIO
Il
dibattito sui pedaggi autostradali nel Veneto ha il grande merito di
aver disvelato il velo di ipocrisia con il quale in tutti questi anni le
gestioni autostradali della nostra regione sono stati presentati come
modelli di efficienza. In realtà esse sono state le più inossidabili
roccaforti del socialismo municipale. Tanto la Venezia-Padova quanto la
Padova-Brescia quanto le Autovie Venete sono state per molti anni sotto
il ferreo controllo degli enti locali.
Dire che fossero un
modello di efficienza par difficile: più di uno tra gli amministratori
ha riportato pesanti condanne. La Brescia-Padova sarà ricordata per il
numero impressionante di società controllate con le quali si sono
tentate, con esiti per nulla entusiasmanti, le più disparate intraprese.
Le società, ciò nonostante, guadagnavano e molto: si potrebbe pensare
che fosse la riprova che era impossibile perdere ma i più nella nostra
regione preferivano aderire alla tesi che i brillanti risultati erano il
frutto del talento del molti politici dall'incerto futuro che
popolavano i consigli di queste società e ciò a dispetto di quello che i
curricula di molti di loro avrebbero fatto pensare.
I più
raffinati ingegni giuridici sono stati impegnati per dire che a tutti la
legge voleva tagliare i compensi ma non a loro, gli efficientissimi
amministratori delle nostre società autostradali. Memorabile la
presidente della provincia di Vicenza Dal Lago, pronta ad impegnare fino
in fondo il bilancio dell'ente non per costruire nuove strade, come
forse la legge avrebbe preferito, ma per mantenere in mano pubblica il
controllo della Brescia - Padova. Con lei molti altri con ampio consenso
popolare. In effetti Davide Zoggia che, all'opposto, della Dal Lago,
vendette la partecipazione della Provincia di Venezia nella Brescia
Padova per un ottimo prezzo, non fu rieletto.
Quello di evitare
le gare è stato un tratto caratteristico di queste società cui si è
aggiunta oggi la CAV, una specie di esattore di Stato, che gestisce il
Passante. Hanno avuto le concessioni senza gara e poi lavorato indefesse
per ottenere proroghe, integrazioni, complementi di ogni tipo. Non si
ricordano anche qui critiche particolarmente diffuse a questo sistema.
Quando si affida un'opera pubblica in concessione, la disciplina del
rapporto è fondamentale per garantire nel tempo l'interesse pubblico e
quindi l'interesse dei cittadini.
Le
gare servono, di solito, per spuntare le condizioni migliori.
Servirebbero amministrazioni pubbliche in grado di negoziare davvero
nell'interesse dei cittadini. Servirebbero concessionari che vogliano
assumere davvero il rischio di gestione. Invece scopriamo che quando il
traffico è inferiore alla previsioni pagano i cittadini mentre se è
superiore si invoca il genio imprenditoriale dei concessionari
autostradali. Le proteste di oggi sono comprensibili ma assai più
efficace sarebbe stata un'azione contro un sistema, oggi difficile da
modificare, che si è consolidato nel tempo sostenuto da un ampio
consenso. Serva almeno per ïl futuro.
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