Ritorniamo a parlare di Valdastico Nord con un dossier di Questo Trentino talmente approfondito da far venire i brividi. Un'analisi dettagliata di tutti gli aspetti legati a questa autostrada che ora anche il Trentino sembra volere nell'ottica del DO UT DES.
Perchè questo cambio di rotta?
E poi ancora: intrighi politici, intrecci legati alla Valsugana e a quel "malaffare" di una "lobby veneta pluri-inquisita".
Una lettera del sen. Giorgio Tonini al Comitato contro la Valdastico della Valsugana che riporta pensieri e parole del Ministro Delrio sulla Valdastico Nord.
Interessantissimo l'intervento di Emanuele Curzel, che assieme al prof. geologo Dario Zampieri (suo lo studio sulle criticità della Frana Marogna in comune di Valdastico), allo stesso Roberto Antolini di QuestoTrentino ed altri esponenti dei Comitati sta portando avanti una serie di serate informative in territorio trentino per sensibilizzare l'opinione pubblica su una delle opere future più assurde di questi ultimi anni.
L'estate calda della Pi.Ru.Bi.
di Roberto Antolini
L’autostrada
della Valdastico si avvicina, stretta nella tenaglia del governo Renzi
da una parte e del presidente “autonomista” Rossi dall’altra.
da una parte e del presidente “autonomista” Rossi dall’altra.
Ugo Rossi, in realtà, lo aveva annunciato già nella sua campagna
per le primarie: “Sulla questione Valdastico Ugo Rossi non dice ‘no’” aveva infatti titolato l’Adige
del 5 luglio 2013 dopo il primo incontro della campagna, a Trento. Aveva
detto allora le stesse cose che dice ora: “Il Veneto vuole passare dal Trentino anche perché
vuole il rinnovo della con- cessione dell’autostrada Serenissima, ma deve
decidere insieme a noi se o come passare. Dobbiamo tenere conto che dobbiamo
confrontarci con altri senza posizioni ideologiche, ma l’importante è che non
si decida senza di noi”, che è già un sì, seppur non
gratuito, ma remunerato. Ma poi bisognava vincere le elezioni, come presidente
del centrosinistra, e quindi si è rimangiato tutto. Il programma della
coalizione, sulla Valdastico diceva un no
secco, e Rossi deve abbozzare.
L’11 novembre
dello stesso 2013, nel momento in cui si ipotizzavano fusioni fra Autobrennero
e Se- renissima, dichiara all’Adige: “Con la maxifusione offriamo una
garanzia di rinnovo della concessione [anche alla
Serenissima] che prescinde dalla
Valdastico. Su cui non si può fare marcia indietro: il popolo trentino si è
espresso in modo inequivocabile, col 58% di voti al programma in cui la
Valdastico non c’è”.
Invece questa
estate, il 27 giugno, i trentini hanno appreso da un titolo dell’Adige che Gilmozzi, l’asses- sore
competente della giunta Rossi, aveva cambiato idea, dichiarando che la
Valdastico sarebbe, secondo lui, “utile per la Valsugana e per Trento”. Il giorno dopo, il 28, Rossi conferma l’inversione di rotta della
sua giunta: “La Valdastico, nella nostra prospettiva - afferma al solito Adige -
può agire su flussi di traffico locali e
li va a risolvere intercettandoli. Ci consente di evitare di fare ulteriori
opere in Trentino, come il tunnel di Tenna, e di evitare che arrivi ulteriore
traffico nella Bassa Valsugana, visto che noi diciamo no alla superstrada a
pagamento in progetto in Veneto”. La famosa “remunerazione” quindi sarebbe:
1) una
bretella che esce in Valsugana, travolge Caldonazzo scendendo per la Valle del
Centa, e si allunga fino a Levico, onde intercettare il traffico che sale per
la superstrada della Valsugana e portarlo, tramite l’autostrada della
Valdastico, a Trento sud, dove in questa nuova ipotesi la nuova autostrada
dovrebbe entrare nell’Autobrennero;
2) il bluff
del blocco del progetto veneto in project financing della Nuova Valsugana, una
superstrada a pagamento che si dovrebbe allungare fino all’imbocco est della
Valsugana, per il quale rimandiamo al box di pag. 11.
In questa
inversione di marcia di Rossi & Gilmozzi c’è un incidentato (oltre al 58%
dei voti dei trentini): il PD. Il più votato partito trentino ha ereditato
questo che è stato per decenni un tema fondamentale dell’ambientalismo
trentino, fin dai tempi di Walter Micheli, considerandosene il garante in
giunta. Non è escluso che questo calcio negli stinchi al PD venga comminato
con particolare soddisfazione da parte di Rossi, anche se la motivazione
principale è senza dubbio la compiacenza nei confronti delle pressioni del
governo nazionale (non a caso è un presidente “autonomista”!), ispirato dalla
logica dello Sblocca Italia, che sta sbloccando fin le trivellazioni
nell’Adriatico alla ricerca del petrolio.
In giunta
viene presentata la proposta semplicemente di sedersi al tavolo con il governo
e la Regione Veneto, per discuterne. Ma le dichiarazioni ai giornali – come
abbiamo visto – vanno subito in tutt’altra direzione. E una serie di segnali
“esterni” fa capire che sulla linea delle dichiarazioni di Rossi & Gilmozzi
stanno, in realtà, precipitando le conclusioni di una trattativa opaca, che ha
garantito al governo non la disponibilità alla discussione, ma il via-libera.
L’ordine del giorno per la riunione preparatoria del 24 giugno 2015, emesso
dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, Servizio di segreteria del
Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica,
recita al punto 1.A, “Autostrada Valdastico nord”, la proposta: “Il comitato è chiamato a prendere atto
dell’intervenuta intesa della PAT sulla realizzazione dell’opera” dando il
mandato al Ministero di richiedere alla Commissione europea di differire di 18
mesi il termine per l’approvazione del progetto... ecc.
Ed anche la
finanza internazionale si muove come se l’intesa già fosse stata incassata. In
agosto, pochi giorni dopo l’annuncio dell’avvio, da parte del CIPE, delle
procedure per l’Intesa con la PAT, e quindi del rinnovo della concessione alla
Serenissima (per la Brescia-Padova + Valdastico) fino al 2026, arriva anche
l’annuncio di una proposta d’acquisto miliardaria per il pacchetto di controllo
della Serenissima (l’A4 Holding) da parte degli spagnoli dell’Abertis: chi comprerebbe
una società di gestione autostradale come la Serenissima, con la concessione
già scaduta (nel 2013), se non avesse ferree garanzie sulla certezza del rinnovo
della concessione? Inoltre, sempre in coincidenza temporale con tutto ciò,
arriva l’apertura del ministro competente Delrio al rinnovo in house, cioè
senza gara, della concessione anche all’Autobrennero, dopo una sua completa
ripubblicizzazione, cioè un acquisto da parte dei soci pubblici anche delle
quote di quel 15% in mano a privati (mentre le quote della Serenissima sono in
mani private per oltre il 66%, ed ora potrebbe- ro andare in mano straniera).
Anche in Valsugana l’opposizione si organizza
Rossi la
volpe pensa di fare bingo. Mettere con le spalle al muro il PD, dato che
l’eventuale Intesa sulla Valdastico che qualcuno dovesse sottoscrivere a nome
della giunta provinciale trentina dovrebbe venir poi tradotta in una variazione
del Piano Urbanistico, e votata in Consiglio provinciale, dove troverebbe
sicuramente favorevole l’opposizione (grillino escluso). E scompaginare l’opposizione
territoriale all’infrastruttura, grazie allo spostamento dell’uscita in Val
d’Adige da Besenello – dove nel tempo si è consolidata una opposizione
irriducibile – a Trento sud (Mattarello), con la bretella in Valsugana dove
invece – sulla carta – grazie alla continua insistenza sul dogma che la
Valdastico porterebbe via traffico locale, sembrava che godesse di buon
consenso.
Ma nessuno
aveva mai parlato, da decenni, di farla passare proprio in Valsugana, e così
la popolazione interessata, quella della zona dei laghi, si è subito
preoccupata, mettendo in moto anche lì quel processo di informazione e
mobilitazione, con alla testa amministratori locali, che promette di riprodurre
la stessa situazione di conflitto che c’è in Val Lagarina. Anche il PD trentino,
dopo aver preso la botta in ordine sparso, sta tentando di organizzarsi, mettendo
in campo un ragionamento con il partito nazionale, per quanto senza effetti
fino ad ora. Sapendo bene che dover trangugiare anche la Valdastico sarebbe una
eclatante prova di inutilità, e non potrebbe portare che ad una emorragia
elettorale.
E così siamo
arrivati al momento in cui stiamo scrivendo, alla fine dell’estate più calda
della Valdastico. La situazione sembra compromessa data la tenaglia del PD
nazionale renziano da una parte e del presidente “autonomista” dall’altra. Ma
la lunga storia della opposizione trentina all’autostrada più inutile d’Italia
(come ebbe a chiamarla l’Espresso) ha
visto molti alti e bassi, che fino ad ora l’hanno tenuta lontana dai confini
provinciali. In gioco – evidentemente – c’è proprio il modello di sviluppo,
l’identità economico-sociale-ambientale del Trentino. Ed è curioso che ad
aprire al modello veneto – quello che ha visto ben 4 presidenti incriminati per
corruzione (si veda al riguardo il libro di Renzo Mazzaro “Veneto anno zero”,
Laterza 2015) - sia un presidente pattino, che ha dietro gli Schűtzen dal
piumino all’austriaca sul cappello, mentre invece il Tirolo austriaco sceglie
dal 2016 di sfoltire i TIR dall’autostrada tramite i divieti settoriali
Il bluff della cancellazione della
Valbrenta
Rossi ha
presentato la sospensione del progetto per la nuova superstrada a pedaggio
della Valbrenta - la “Nuova Valsugana”, da costruire in project financing - da
parte della regione Veneto di Zaia, come una vittoria delle sue pressioni
contro un’opera che avrebbe portato nuovi transiti anche sulla Valsugana
trentina (che ne è la continuazione). In cambio di questo, oltre che della
bretella su Caldonazzo e Levico, lui – Rossi – sarebbe intenzionato a concedere
il passaggio attraverso il territorio trentino alla Valdastico. Nell’ottica
del: non si può dir di no a tutto, concediamo il passaggio della Valdastico
purché non facciano la Valbrenta. In questo gioco delle parti Rossi e Zaia si
supportano vicendevolmente: il primo fa la figura dell’eroico affossatore della
Valbrenta, il secondo quello che la spunta con Trento sulla annosa questione
della Valdastico. Ma varie questioncelle non tornano in questo scenario.
Un campanello
d’allarme, per questa interpretazione, avrebbero dovuto essere già alcune
(molte) voci critiche che si erano levate contro la Valbrenta nelle zone in cui
avrebbe dovuto passare. Vediamone alcune. Partiamo dall’opinione espressa dal
sindaco di Bassano Riccardo Poletto pochi mesi fa, nel marzo 2015: “Nel progetto della nuova Valsugana sembra
che a prevalere siano gli interessi privati, in uno squilibrio patologico... La
preoccupazione deriva dalle consapevolezze a cui siamo giunti nel corso di
molti incontri sul tema”. Un incontro, che ha visto
presenti quasi tutti i sindaci della zona, si era tenuto nel gennaio 2015 a
Carpané, ed è stato raccontato da Bassanonet mettendo in risalto la generale
posizione critica sull’opera: “In linea
di principio è una posizione che trova concordi tutti i sindaci della
Valbrenta, nessuno dei quali ritiene accettabile una superstrada in project
tarata dai proponenti sull’impossibile previsione di 40mila veicoli in transito
al giorno”. Queste critiche nonostante la
viabilità della zona sia molto in sofferenza, attraversando i paesi nel modo
peggiore, e spesso i sindaci se ne sono lamentati, negli anni. Ma – ha
sottolineato coloritamente il sindaco di Cismon Ferazzoli - “avevamo chiesto un bicchiere d’acqua, e ci
è stata data un’alluvione”. Per questo - conclude Bassanonet
- “i Comuni esprimeranno il loro parere
sulle criticità dell’opera, affiancato dal parere negativo della Commissione
Territorio e Ambiente dell’Unione Montana... ma per bocciare la superstrada a
pagamento serve che la Regione Veneto, nel recepire le osservazioni dei sindaci,
annulli la delibera che ne dichiara la pubblica utilità”. La pubblica utilità per la superstrada della Valbrenta era stata
decretata nel 2011 dall’allora assessore regionale veneto Chisso,
superassessore già dell’epoca Galan, poi passato con lo stesso ruolo nella
successiva giunta di Zaia, ma finito lo scorso anno in prigione per essere
stato un pilastro del sistema di corruzione sistematica nato intorno al MOSE
all’epoca di Galan (dei 5 miliardi avuti negli anni in dotazione dal MOSE, gli
inquirenti hanno scoperto che uno – il 20% - era finito direttamente in tangenti),
ma poi da lì diramatosi anche in altre direzioni dell’amministrazione del
Veneto.
Il project per
la superstrada a pedaggio della Valbrenta (progettazione, realizzazione e gestione)
se lo era aggiudicato (ma mancava ancora la stipula della convenzione) una
associazione di imprese che vedeva alla guida la Mantovani presieduta da
Piergiorgio Baita, uno degli imprenditori chiave della “cupola” del MOSE,
arrestato quando è emerso il sistema corruttivo che c’era intorno. Baita ha
raccontato agli inquirenti di aver profumatamente pagato l’assessore Chisso, e
– per restare al nostro argomento – anche giudici del TAR e del Consiglio di
Stato per respingere ricorsi sulla Nuova Valsugana. Direi che ce n’era
abbastanza perché a Zaia la patata bollente scottasse fra le mani anche senza
i ruggiti di Rossi. Sono infatti tempi duri per i project financing,
soprattutto quelli stradali, come dimostra in modo esemplare il caso della
BreBeMi. Una seconda autostrada fra Brescia, Bergamo e Milano, parallela alla
vecchia A4, affiancata nell’intenzione di spartirsi il traffico. Inaugurata da
Renzi un anno fa con l’enfasi della “prima
autostrada costruita coi soldi dei privati”,
secondo le previsioni doveva costare 800 milioni (per 62 km in pianura) ma
invece è costata quasi due miliardi e mezzo, e alla fine del primo anno era in
rosso per 35,4 milioni. Il fatto è che erano stati previsti – solo per andare
in pari – almeno 40.000 transiti nei primi 6 mesi, 60.000 dal 2015. E invece ad
oggi la punta (cioè il massimo, non la media) è stata di 38.000 accessi. La
BreBeMi a quel punto ha minacciato il recesso dalla convenzione con la
richiesta di rimborso dallo Stato di oltre 2 miliardi, e ha ottenuto dal CIPE
contributi per 320 milioni: 260 dallo Stato, 60 dalla Regione Lombardia, più
una proroga della concessione fino a 25 anni e 1⁄2, e la previsione del
subentro da parte dello Stato alla scadenza della concessione, al costo (per lo
Stato) di oltre un miliardo.
Per tornare al
nostro argomento - la superstrada della Valbrenta - c’aveva azzeccato l’allora
vicesindaco di Pove, Paolo Edgardo Gobbato, che già nel febbraio 2012 aveva
dichiarato a La Domenica di Vicenza:
“Mi sono domandato perché una società
debba investire in un progetto che, secondo l’ultima presentazione, non è
finanziariamente sostenibile ... Il pedaggio dell’arteria, con l’esenzione
(forse) dal pagamento di una importante fetta di residenti, ed in mancanza di
un’adeguata continuità verso Trento, dovrebbe essere così elevato da
scoraggiare chiunque a percorrerla e tantomeno di investirci capitali per la
sua realizzazione... Quindi il progetto della Valsugana altro non sarebbe se
non lo strumento di pressione sui trentini per convincerli a mollare sulla
Valdastico Nord”.
Pare che
l’espediente abbia ottenuto l’effetto voluto.
La bufala del traffico di attraversamento
di Emanuele
Curzel
Uno studi
dell’Università di Trento ristabilisce la verità: la Valsugana non è
attraversata da traffico spostabile sulla PiRuBi
Da ormai vent’anni
si sente dire che la costruzione dell’A31 farà diminuire il traffico sulla Statale
della Valsugana, in quanto verrà a togliere il traffico pesante che la attraversa,
proveniente da est e diretto al Brennero. Ma questo luogo comune – ripetuto sui
giornali, nei discorsi di politici e amministratori, nelle chiacchiere di paese
– non corrisponde alla verità. Tutti gli studi sui flussi di traffico finora realizzati
parlano di impatti minimi, poche migliaia di veicoli su un’arteria che (nel suo
tratto più trafficato) ne porta quotidianamente quasi 50.000.
Questo è un dato
di fatto spesso distorto o negato da tutti coloro che, per diversi motivi, hanno
sostenuto e sostengono la nuova autostrada e cercano di costruire in Valsugana un’opinione
pubblica favorevole all’A31.
Lo studio commissionato
nel 2013 dalla Comunità di Valle Valsugana e Tesino all’Università di Trento chiude
però il discorso: il traffico di attraversamento presente in Valsugana non può essere
superiore agli 8.250 veicoli equivalenti (4.500 leggeri, 1.500 pesanti) che transitano
sulla SS 47 all’altezza di Borgo (il punto di minor traffico).
Dentro quegli 8.250
veicoli – vale la pena sottolinearlo – sta anche tutto il traffico diretto verso
Borgo, la sua zona industriale, le altre località limitrofe, e quello da esse generato.
Insomma, il traffico di puro attraversamento è dunque solo una frazione di 8.250
(nemmeno tanto significativa, a giudicare dalla curva giornaliera, dove si evidenzia
che il traffico, nelle ore notturne – quando dovrebbe transitare il traffico internazionale
- è quasi nullo). E solo una frazione di quella frazione potrà essere deviato sulla
nuova autostrada.
Chi vuole costruire
l’A31 facendola uscire in valle dell’Adige non può dunque dire di farlo a vantaggio della
Valsugana. Un’uscita intermedia, con relativo casello, presso Caldonazzo, porterebbe
invece altro traffico e altro inquinamento a tutta la Valsugana centro-orientale.
I “divieti settoriali”
dell’Austria, e le dichiarazioni di Gilmozzi
Secondo il
Rapporto 2014 dell’Agenzia provinciale per l’Ambiente di Bolzano sulla qualità
dell’aria, le concentrazioni annuali delle emissioni di biossido di azoto lungo
l’asse del Brennero - prodotte dal traffico su gomma - sono abbondantemente
superiori al limite di 40 μg/m3 stabilito dalle norme europee, recepite anche
in Italia. Dietro questi dati c’è ovviamente un problema di salute pubblica,
perché i limiti di ammissibilità per il biossido di azoto vengono introdotti
per la sua nocività. Questa grave situazione d’inquinamento ha mosso l’Europa
ad avviare una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia. Da parte sua
il Tirolo austriaco ha già annunciato che correrà ai ripari nel 2016
introducendo una serie di divieti settoriali, cioè vieterà di attraversare il
proprio tratto autostradale - quindi dal Brennero verso l’Austria - ad automezzi
che trasporteranno determinati settori merceologici (materiali pietrosi e
terrosi, rifiuti, tronchi, automezzi, minerali ferrosi, marmo, piastrelle
ecc.).
A fine luglio
si è tenuto a Bolzano un vertice fra Tirolo austriaco e province di Bolzano e
Trento per valutare gli effetti dell’introduzione in Austria di questi divieti
settoriali, e discutere come è possibile armonizzare queste norme con quelle
in vigore nelle confinanti province italiane. Era presente per Trento
l’assessore Gilmozzi, che ha auspicato “il dialogo tra le parti per poter lavorare
in modo strutturato e trovare un equilibrio fra le richieste e le
limitazioni... l’iniziativa del Tirolo del divieto settoriale di transito è un
primo impulso in questa direzione... è necessario individuare con le regioni
vicine e con il mondo dell’economia misure per una mobilità sostenibile”
(L’Adige, 1.8.’15).
Pochi giorni
prima, il 27 giugno, aveva dichiarato allo stesso giornale che la nuova
autostrada della Valdastico sarebbe “utile per la Valsugana e per Trento”. C’è
una palese contraddizione fra queste due diverse posizioni. Apprezzare i
divieti settoriali austriaci significa apprezzare modalità introdotte per
eliminare parte del traffico, spostandolo obbligatoriamente su rotaia (e fare quindi
diminuire l’inquinamento). Sponsorizzare l’apertura di una nuova autostrada
diretta sull’asse del Brennero significa l’opposto, portare altro traffico, e,
aggirando il filtro modale (per il trasferimento delle merci dalla gomma alla
rotaia) veronese del Quadrante Europa, boicottare la ferrovia.
Lettera del sen. Giorgio Tonini
(PD) al Comitato contro la Valdastico della Valsugana
Ho incontrato il ministro Delrio qualche giorno fa,a
margine del coordinamento cui ha partecipato anche il presidente della Giunta
provinciale Ugo Rossi; gli ho consegnato l’appello e le firme raccolte nel
corso della serata di Caldonazzo dello scorso 17 agosto e ho discusso con lui
delle prospettive circa l’eventualità della progettazione e della costruzione
dell’autostrada A31 Valdastico Nord.
Il ministro ha ricordato come la situazione attuale
nasca dal fatto che l’allora governo Berlusconi aveva inserito l’A31 Valdastico
Nord nelle infrastrutture strategiche (“Legge obiettivo”). L’attuale governo
non può che prendere atto di quella decisione, che se venisse ora disattesa
permetterebbe alle controparti interessate (la Regione Veneto e l’A4) di
chiedere i danni. E il governo attuale non intende pagare per non far fare
l’A31. È dunque costretto ad assecondare l’iniziativa dei proponenti. Quando
si parla di spinte dell’attuale governo nazionale sulla PAT per giungere a una
definizione del progetto si parla di questo.
Il governo attuale non ha però alcuna intenzione di
finanziare l’A31, che riconosce come opera non coerente con l’attuale politica
dei trasporti e con i grandi investimenti strategici nel settore ferroviario
(per favorire il quale è riuscito ad ottenere anche ulteriori finanziamenti
dall’UE). Dunque intende lasciare alla regione Veneto e all’imprenditore
privato tutto l’onere di tale costruzione.
Il governo non può dunque costringere l’A4 ad
abbandonare il progetto dell’A31 e non può fare in modo che la concessione del
tratto Brescia-Padova sia rinnovata in cambio di un investimento nel settore
ferroviario (come è stato fatto invece con l’A22).
È però noto che la Valdastico costa troppo per
potersi autofinanziare: dunque il sostegno della finanza pubblica sarebbe
indispensabile. Se la costruzione dell’A31 non verrà in alcun modo sostenuta
dall’attuale Governo – cosa che Delrio ha garantito – è ragionevole sperare
che saranno gli stessi soggetti che ora dicono di volere l’A31 (Regione Veneto
e A4) ad abbandonare quel progetto in favore del potenziamento della ferrovia.
Roma, 3 settembre 2015
Giorgio Tonini
Nessun commento:
Posta un commento